I pensieri di Diamante
“Si sente parlare di guerre e di rumore di guerre; si sollevano popolo contro popolo e nazione contro nazione; vi sono carestie e terremoti in vari luoghi…”
Ma che fine ha fatto l’umanità? Che fine ha fatto l’uomo?
A patto che oggi si possa ancora esprimere questo pensiero e ci si possa ancora fare questa domanda, senza incorrere in biechi pregiudizi che definirebbero, chi li ha fatti, tradizionalista e reazionario.
Passiamo gran parte delle nostre giornate con gli occhi incollati su una realtà che è fasulla. Essa ci disegna un mondo fatto di maschere in cui ogni sorriso nasconde, spesso, troppo spesso, una reale tristezza.
Il silenzio della mente è sostituito da occhi gonfi di velleità.
Viviamo in un mondo dall’amore soggiaciuto, dai sentimenti repressi e dagli impulsi aggressivi.
Siamo (diventati) quello che vediamo! Desideriamo ciò che vediamo ma quello che vediamo è lo stesso che si intende farci desiderare, ed è un triste circuito.
L’uomo è diventato ombra di sé stesso e carnefice dei propri sentimenti, dei propri valori. Siamo oggetto di consumo, siamo la nuova merce. Ci hanno trasformati, con nostro colpevole assenso, in personaggi di un romanzo a cui manca la poesia, manca la storia, manca l’iter; probabilmente, mancano anche le pagine.
Ad alcuni vien fatto pensare che esiste un complotto; ad altri, che tutto sia regolare: scambievolmente, essi sono furbi e ingenui.
Vi è una divisione marcata, non più fra ricco e povero (questi sono diventate condizioni acquisite, statiche e normali) ma fra chi si pensa “sveglio” ritenendo gli altri “assopiti” e viceversa. Vi sono vere e proprie trincee scavate nell’ideologia dietro le quali muoiono persone, muoiono pensieri, si annichiliscono le voglie, le ambizioni, le proposte, la libertà che ancora abbia il peso e la profondità del suo reale concetto.
Ragazzi che imparano a conoscersi senza, in realtà, farlo. I nostri amori, ormai, hanno i colori di un avatar. I nostri sogni sono ormai chiusi nell’eros di un “like”.
Il digitale doveva essere scoperta, doveva rappresentare l’orizzonte di un’umana evoluzione. Invece è divenuto cornice di un quadro senza colori in cui il “freddo” è la temperatura più diffusa.
Anche il semplice passeggiare è divenuto un must ad appannaggio dei più saggi, dei più virtuosi o dei più anziani, scevri dalla rincorsa di questo tempo.
Si salva, almeno nelle emozioni più piene, chi ne è fuori perchè non ha saputo entrarci; coloro che ne hanno avuto paura. Ma è una salvezza effimera data la voracità della condizione esistente e persistente, alimentata da una acquiescenza diffusa, comune, a cui (quasi) nessuno si sente più di obiettare.
Se ci si guarda dentro, ci si scopre soli, con la fobia di dichiararsi qualcosa, nella confusione di essere uomo o donna, nella paura di palesarlo. Vi sono idee che volano sulle ali del nulla e quindi destinate a rimanere al suolo, solidamente e da ingombro. Questo, mentre a terra, i cingoli dei carrarmati distruggono la natura, l’uomo, le sue ragioni, il suo essere, il suo cuore, la sua mente, il suo mondo.
Si combatte (combattiamo) per idee vane ma si muore ignavi e inconsapevoli per ciò che altri fanno.
Tra le mani un telefono e alla nuca un fucile.
Fuori dalle nostre case, sono appostati cecchini dal grilletto sociale, pronti a far fuoco su qualsiasi idea che non sia la loro, non sia quella diffusa, non sia quella che è giusto (secondo i nuovi standard delle comunità) avere.
Eppure, la vita continua ed è bella viverla. Nella consapevolezza di una battaglia sincera con sé stessi per non lasciarsi andare e dirsi pronti a difendere la propria idea e poter raccontare un giorno d’essere stati e di voler continuare ad essere. Vivere, granitici, nell’immagine di una difesa; fortemente vivere: amare e continuare a sognare ritagliandosi degli spazi in cui il nostro cuore trova le sue espressioni; la nostra mente, i suoi pensieri; i nostri occhi, la loro luce; le nostre labbra, le loro parole che altri invece tacciono. Lasciare poi che tutto ciò sia intimamente ascoltato e meditato.
Viviamo troppo poco perché sia acconsentito il lasciarci andare e agognando un’eternità, dobbiamo tassellare il nostro cammino di ogni nostra scelta, coraggiosa e audace, pronta anche a tornare indietro sui propri passi ma sempre nella convinzione di aver fatto una scelta e, in essa, quello che è giusto.
Meditare, non azzardare, vivendo con coscienza ogni istante.
D.F.