I pensieri di Diamante

Sono sdraiato, in bilico fra il silenzio ed il suo rumore.
Il fruscio del vento, fuori, fra gli alberi del mio giardino mi sussurra quanto sia vero ciò che sto vivendo.
Ah, quanto invece vorrei fosse un giro onirico al cui risveglio, come avveniva da bambino, nelle mattine di domenica, rimaneva solo una sensazione, un po grigia, ma solo questa.

Il mondo sembra ormai un enorme bicchiere  al cui interno impazzano dadi in un gioco a cui nessuno ha chiesto di partecipare e le cui sorti sono ignare anche ai croupier che pensano di gestire la mano.

Al mattino ci si sveglia assaporando l’incertezza dell’oggi e non più del sol domani.

La dimensione nella quale ci si muove è curvata verso un angolo convesso.
Persino l’immagine del volo dei gabbiani che salgono dal mare sulla mia terra sembra sia appesantita da una realtà che non appartiene più a nessuno (o quasi).

Ci si sforza di mantenere un’allegria sottesa, apparente appunto, i cui sorrisi, cupi e tagliati, rapiscono, giorno dopo giorno, il respiro a quanti trovano ancora un poco di tempo per guardarsi intorno e riflettere.

Si vive all’ombra della vita.

Quello che attanaglia ancor più lo spirito è accorgersi che è diventata la normalità accettata e diffusa.
Un’essenza privata della sua sostanza.
Un sentimento svuotato della sua emozione.
Un cuore senza battito.

E pur sembra che l’esistenza continui.

Sul volto della gente è disegnato però uno stato soggiacente di inerzia.
Un marcata malinconia che si riscontra in ogni azione, in ogni gesto ed in ogni sguardo.
Un cupo velo di rassegnazione sembra abbia coperto l’uomo che è in lotta con sé stesso e con i suoi simili in una guerra di opinioni che restano tali senza raggiungere un vero scopo.

Ci si ritaglia angoli nella propria mente nella quale ritornare a giocare, ad avere pensieri felici.
Ma è una panacea. È un àncora che fa bene pensare d’avere anche se in continua deriva su un fondale sabbioso.

Si scivola nelle giornate, non le si cavalca.
Il moto ha lasciato spazio alla caduta; l’energia all’assuefazione.

Parte della confusione che regna nell’animo risiede nel fatto che sarebbe difficile  anche solo immaginare questo stato di fatto. Sperimentarlo alimenta lo stordimento.

Sembra sia vietato vivere e questo in favore del becero esistere.

Se avessero voluto disegnare un limbo, questa sarebbe stata la loro miglior tela.

Il tempo scorre poiché c’è qualcosa ancora che lo scandisce ma la coscienza si è fermata.

Vorrei, ripeto, che tutto questo fosse solo un sogno ma domani, al risveglio, continuerò a desiderarlo.

Ed ora mi addormento. Non perché stanco bensì come epilogo a questo quotidiano ciclo biologico.

D.F.

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