Se solo la mattina ci svegliassimo consapevoli della nostra minutezza;

se solo pensassimo, fra i primi respiri, alla nostra vulnerabilità;

se solo riuscissimo a percepire la fragilità che accomuna le nostre vite;

se solo la speranza avesse più voce e l’amore più forza;

se solo avessimo coscienza e l’avessimo della nostra brevità;

se solo, incontrando la prima persona, riconoscessimo noi stessi in un’altra storia;

se solo immaginassimo abbracci e realizzassimo carezze;

diventeremo vibrazione, melodia di un complesso e sarebbe emozionante ascoltarci insieme;

saremo uno schiocco, breve e luminoso, di un’immensita’ che non ci appartiene ma ci ospita.

Diverremmo testimoni della perfezione che al di’ si manifesta e si espande nostro malgrado.

Se solo ci rendessimo conto che il freddo che proviamo potrebbe essere evitato ad altri

e le paure, accompagnate, condivise ed infine silenziate;

se solo la nostra individualità la coltivassimo nell’orto delle opportunità
e la nostra singolarità, seppur conservata, divenisse respiro di un gruppo,

diverremmo luminosi, reale potenza dei gesti, eco di profondità e altezza, di larghezza e spessore.

Ma siamo ancora troppo umani e crediamo nella forza dell’egoismo,

dell’essere qualcosa in un infinito che neanche ci osserva,

nell’irruenza e nella divisione,
nel ricatto che, spesso, avvelena e condiziona prima il proprio spirito,

facendogli credere che l’Io, da solo, possa valere.

La solitudine dell’ego si affonda nel suo stesso specchio, nelle notti più buie dell’animo.

Eppure sarebbe bello musicare insieme i racconti delle nostre esistenze.

Ma siamo ancora troppo umani e l’inganno, verso noi stessi, di “essere” è il più loquace di ogni pensiero.

Siamo ancora troppo umani… e ce lo ricorderà qualcos’altro. 

Valentino Federico





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